FATTO A MANO presenta Alberta Pane: Dialogo tra Venezia e Parigi: la galleria come spazio di connessione - ep. 05
Cosa significa aprire una galleria d’arte tra Parigi e Venezia? Nell’ultimo episodio di questa stagione di Fatto a Mano, abbiamo incontrato Alberta Pane, gallerista e fondatrice della Galleria Alberta Pane, che ci ha raccontato il suo percorso tra due città profondamente diverse, ma unite da un dialogo continuo. Dalla passione per lo spazio espositivo come strumento di lavoro alla cura di relazioni durature con gli artisti, Alberta condivide la sua visione della galleria come luogo di sperimentazione, fiducia e trasformazione. Tra mostre site-specific, progetti condivisi e l’esperienza di Venice Gallery View, emergono riflessioni sull’importanza del tempo, sulla collaborazione tra realtà artistiche e sul valore della presenza costante nei territori. Una conversazione che intreccia pratica curatoriale, impegno culturale e amore profondo per l’arte e per le città che la rendono possibile.




Alberta Pane: Sono Alberta Pane, ho aperto la Galleria Alberta Pane nel 2008 a Parigi in Rue Saint-Claude e nel 2017 ho aperto un secondo spazio in un’altra città del mio cuore, Venezia.
Lavoro con sedici artisti internazionali, aprendo un secondo spazio a Venezia ho realizzato uno dei miei desideri, ovvero creare un ponte tra Parigi e Venezia, quindi un dialogo costante tra queste due bellissime città.
Elena Barison: Due città che però hanno due anime molto diverse. Come cambia il tuo approccio curatoriale in queste due città? Quali sono gli adattamenti che applichi?
Alberta Pane: Partiamo dallo spazio, amo molto lo spazio. Ho studiato Storia dell’architettura, Conservazione del patrimonio allo IUAV a Venezia e lo spazio per me è importantissimo. Una galleria è in primis uno spazio, un luogo in cui far lavorare gli artisti. A Parigi ho due spazi uno di fronte all’altro, in Rue de Montmorency e sono due piccoli white cube, a Venezia lo spazio è completamente diverso, era un ex falegnameria molto più articolata, con dei soffitti immensi, quindi gli artisti possono sbizzarrirsi. In verità per me sono due spazi molto complementari. La complessità e l’interesse di una mostra non dipende dalla grandezza dello spazio, ma da come lo spazio viene utilizzato. Negli spazi molto esigui è una sfida trovare una quadra per fare un lavoro interessante.
Elena Barison: In ogni spazio esponi anche artisti ed elementi diversi. Quali sono le caratteristiche che cerchi negli artisti che scegli di rappresentare con la tua galleria?
Alberta Pane: Gli artisti che rappresento sono persone con cui condivido un obiettivo comune. Penso che il lavoro di un gallerista sia quello di scegliere, si sono tantissimi artisti, per cui quelli che scelgo è perchè sono bravi, guardiamo nella stessa direzione e abbiamo anche un bel rapporto, al di là di questo l’interesse che il loro lavoro ha nel tempo. Ogni tanto penso: “Come vedo il lavoro di questo artista fra vent’anni? Il suo lavoro regge vent’anni, funziona nel tempo?”.
Con alcuni artisti lavoro dall’inizio dell’apertura della Galleria e sono molto fedele ai rapporti che durano nel tempo perché secondo me è quello il segreto: il tempo e la pazienza, lavorare duramente e professionalmente nel tempo lungo.
Elena Barison: A proposito di mostre, qual è quella che ricordi con più orgoglio e ti ha lasciato un segno?
Alberta Pane: Ci sono state tante belle mostre. Una che mi ricordo particolarmente è stata quella in Rue Saint-Claude a Parigi di Ivan Moudov (2011) curata da Daniele Capra, in cui abbiamo chiuso le persone che entravano in Galleria e per uscire dovevano suonare. Con Luciana Lamothe abbiamo invaso la Galleria di cemento, durante il Covid Romina De Novellis ha creato un pollaio in cui ha fatto una performance o Michelangelo Penso ha invaso lo spazio con una scultura che usciva dalla finestra. Tutte le mostre per me sono importanti.
Elena Barison: Mi sembra di capire che ci sia molta partecipazione, sono tutte performance o comunque cose che hanno movimento…
Alberta Pane: Si, sono opere che lavorano molto nello spazio con la scultura, l’installazione. Mi piace lasciare liberi gli artisti e costruire insieme nuovi progetti che ogni volta stravolgono lo spazio della Galleria. Lo spazio è uno strumento di lavoro.
Elena Barison: Poco dopo l’apertura della Galleria a Venezia, nel 2018 hai dato vita al progetto del Venice Gallery View
Alberta Pane: La collaborazione con le altre Gallerie di Venezia è stata da subito accolta. All’inizio eravamo una decina e adesso siamo diciassette. Sono sicura che a brevissimo saremo sempre di più. Un’occasione importantissima per la città.
Elena Barison: Qual è la ricchezza principale che hai notato da questa collaborazione?
Alberta Pane: Collaborare è sempre un vantaggio, la collaborazione tra gallerie in questo momento ancora di più. La condivisione è sempre positiva, anche per i collezionisti, per gli amatori d’arte, per tutti gli interessati. Sapere che gli interessati all’arte quando vengono a Venezia trovano una serie di gallerie che fanno un lavoro duraturo tutto l’anno, e non solamente in occasione della Biennale, è una cosa molto importante. Si possono vedere tante gallerie d’arte contemporanea che fanno un lavoro di programmazione costante, quindi è molto importante aprire insieme, fare eventi comuni. Il weekend delle gallerie è una cosa che si vede in tutte le città del mondo, c’è a Parigi, a Berlino.
Elena Barison: A Venezia invece stiamo vedendo un’altra tendenza che sta nascendo: quella degli spazi indipendenti. Come osservi questo fenomeno?
Alberta Pane: Tutto quello che dà spazio agli artisti e all’arte è benvenuto. A Venezia la creazione avviene negli spazi indipendenti, negli studi degli artisti, le Gallerie sono il posto in cui si vede il passaggio dallo studio al primo mercato, quindi è interessante. Importante è sapere che questa è una città in cui si crea e dove ci sono gli artisti, c’è l’Accademia di Belle Arti. Gli artisti hanno bisogno di spazio, sono i primi che si insediano nei territori e migliorano anche la città. Quando si vuole migliorare una città si chiamano gli artisti. Quando ci sono spazi vuoti si dovrebbero dare agli artisti, che dovrebbero essere più integrati nelle azioni di recupero cittadine e urbane. Anche nelle banlieue parigine spazi immensi sono dati agli artisti, che poi riqualificano la zona, ripensandola e portando persone.
Elena Barison: Come gallerista ti senti di avere dei consigli da dare a dei galleristi giovani che vorrebbero intraprendere questa carriera?
Alberta Pane: Direi motivazione, grinta, passione. Un vero amore per l’arte non un amore – passatemi il termine – borghese, un vero amore viscerale. Vedere, guardare, studiare, frequentare i luoghi dell’arte ripetutamente. Quello del gallerista è un lavoro molto difficile, con alti e bassi, ma è un lavoro anche bellissimo e secondo me è anche importante se si fa con motivazione e passione. Consiglio poi di imparare a lavorare prima in una galleria.
Elena Barison: Facendo questo lavoro c’è molta ricerca dietro, molto studio.
Alberta Pane: Si devono vedere le opere, scoprirle, stare con gli artisti. Bisogna davvero essere innamorati dell’arte e amarla in maniera borghese e sommaria.
Elena Barison: Come descriveresti questa città attraverso un’opera d’arte, una o anche di più?
Alberta Pane: Venezia è meravigliosa, è un’opera d’arte. Una sola opera è troppo poco: l’opera di Michelangelo Penso, un artista veneziano conosciuto quando ero ancora al liceo, mi ricorda Venezia e l’inizio dell’avventura della Galleria, perché ho aperto a Parigi con una sua mostra.
Venezia è un’opera d’arte in sé, un’opera globale.

“Direi motivazione, grinta, passione. Un vero amore per l'arte non un amore - passatemi il termine - borghese, un vero amore viscerale."
Elena Barison: Mi sembra di capire che ci sia una volontà di portare gli artisti anche radicati sul contesto italiano e veneziano a Parigi
Alberta Pane: Gli artisti con cui lavoro fanno mostre sia in Galleria Venezia sia a Parigi. Il team è sempre lo stesso, gli artisti che sostengo e con cui lavoro sono sempre gli stessi, ma la programmazione è un unico. Per me la Galleria è un insieme. All’inizio quando ho aperto a Venezia ero molto spaventata perché dopo aver abitato per tanto tempo a Parigi sono ritornata a Venezia e avevo paura di non riuscire a farcela, a viaggiare tra le due città, a sostenere economicamente due spazi. è un bell’impegno, una sfida, e invece adesso non potrei fare altrimenti, sono le mie due città del cuore e tra le quali trovo ci sia un dialogo costante.
Tantissimi francesi vengono a Venezia e tantissimi italiani sono innamorati di Parigi, sono due città internazionali entrambe, anche se Venezia, secondo me, è la più piccola delle città internazionali.
Elena Barison: A proposito di questo salto che hai voluto fare, aprendo queste due gallerie: lo rifaresti?
Alberta Pane: sì, aprirei la seconda galleria a Venezia sicuramente, mentre il fatto di essere gallerista anche. Prima di aprire la galleria ero direttrice della Guida Mayer, un catalogo di vendite all’asta, forse avrei fatto più gavetta in una galleria prima di aprirne una mia. Tutto quello che ho fatto lo rifarei, mi sono anche divertita tanto, ogni mostra per me è una nuova rinascita. Tutte le mostre che ho fatto con gli artisti sono state importanti, in qualche modo sono state un tassello di una parte di un lavoro più lungo.
Elena Barison: Poi Venezia è una città piena di riflessi, poi interrotti dall’acqua. Vorrei chiederti se c’è un momento della giornata e un luogo a te caro della città che secondo te rappresenta meglio lo spirito di Venezia e che poi magari ha un impatto anche sulla tua gestione dello spazio. Come Venezia entra all’interno della galleria?
Alberta Pane: Venezia a me piace tantissimo d’inverno, con la nebbia o quando si prepara per il temporale, che sembra l’Apocalisse e invece Venezia resiste e poi esce un sole splendente.
Per esempio a Parigi non mi succede, mi piacciono tanto le viste dai ponti o dalle scale del Pompidou.
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