Il desiderio come attimo fugace: da Monet alla scena contemporanea.
Il desiderio è un sentimento che nasce in silenzio, in maniera fragile. Già nell’Impressionismo assume la forma di un momento fugace, che sfugge agli occhi di chi guarda. Timidamente si crea dello spazio tra le pennellate vibranti sulla tela, che, come un’eco, emanano luce propria. L’articolo indaga come il desiderio si interfacci all’interno della nostra società contemporanea. È stato da sempre il motore della conoscenza, della creatività e della trasformazione, individuale e collettiva. Il desiderio modellava lo sguardo degli sciamani sulla natura, sugli animali e sugli spiriti.
Attualmente la società in cui viviamo non ci mostra più un desiderio autentico, ma costantemente influenzato e manipolato dalle pressioni sociali e di consumo. Il desiderio non è più nostro: non si basa sul sentire, ma su ciò che ci viene suggerito, confezionato, somministrato. Non desideriamo più, ma eseguiamo senza identità. Il desiderio non ci rende liberi, ma schiavi.
Da qui vogliamo porci una domanda: oggi, che spazio concedi al desiderio? Lo vivi come un ascolto e come una guida, oppure lo percepisci come una costruzione dalla quale non riesci a liberarti?
Desiderare senza stelle: Le Impression Soleil Levant.
Il termine desiderio affonda le sue radici nel latino desiderium, derivato da de- (mancanza, privazione) e sidus, sideris (stella). In origine, “desiderare” significava “avvertire l’assenza delle stelle”. La mancanza di stelle rappresentava l’assenza di una guida e di un orientamento, generando così attesa, mancanza, impressione. Il dipinto “Impression, Soleil Levant” (1872) di Claude Monet, che dà il nome all’intero movimento, rappresenta il porto di Le Havre avvolto nella nebbia mattutina, con il sole che sorge timido.
È una luce che cresce piano, si espande e si dissolve al tempo stesso, originando un sentimento di mancanza e nostalgia.
Le origini dell’Impressionismo e le sue caratteristiche
L’Impressionismo è un movimento artistico che nasce in Francia nella seconda metà dell’Ottocento. Gli artisti impressionisti amavano dipingere en plein air, ritraendo ciò che osservavano: l’alba, il tramonto, un paesaggio, il sole che si rifletteva sull’acqua. L’attimo fugace che si mostrava loro rappresentava l’intima essenza del movimento stesso.
Le pennellate veloci, le atmosfere timide di luce, i colori brillanti accostati e l’attesa di catturare il momento specifico. L’insieme di questi elementi, a stretto contatto con la natura, diede l’avvio alla creazione di composizioni meno tradizionali, in favore di alcune più spontanee.
Pittori come Gustave Courbet, Jean-François Millet, Édouard Manet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir e Claude Monet introdussero questa nuova concezione di arte, basata sul percepire l’istante dinanzi a loro attraverso uno sguardo fugace e spontaneo.
Il desiderio negli artisti di oggi tra sospensione e urgenza.
Oggi, il desiderio rappresenta non solo una pressione sociale che ci viene imposta inconsciamente, in maniera urgente e vitale, ma incarna anche una sospensione silenziosa del quale non abbiamo piena consapevolezza. Artisti come Sophie Calle, Agnes Martin e Pietro Terzini, seppur con medium e linguaggi distinti tra di loro, ci restituiscono strumenti che escono dal singolo in onore del collettivo.
Sophie Calle
È una celebre artista concettuale francese nata a Parigi nel 1953. La sua arte si distingue per l’approccio innovativo e provocatorio nei confronti della narrazione personale e dell’esperienza umana. Lo stile artistico di Sophie Calle unisce la fotografia, la performance e la narrazione. Il desiderio all’interno della sua pratica artistica rappresenta tutto ciò che la spinge e la muove a intraprendere la strada dell’archivio, della collezione, del pedinamento, andando a raffigurare una vera e propria mancanza, un vuoto.
Agnes Martin
Nasce nel 1912 a Maklin, Saskatchewan, in Canada, ma cresce a Vancouver. Viene associata al minimalismo, anche se odiava questa etichetta: preferiva definirsi come mistica, o pittrice “dell’invisibile”. Meditativa, silenziosa, in attesa, i suoi dipinti alludono ad una spiritualità trascendentale. Il desiderio, acquista un’accezione di lentezza, di equilibrio, di armonia, diventa un vero e proprio atto di contemplazione, di un momento di attesa e di ascolto.
Pietro Terzini
Nato nel 1990 a Lodi, è un artista italiano il cui lavoro travalica i confini tra arte, design e moda. La sua arte fonde elementi iconici del mondo della moda e del design con frasi emozionali o sarcastiche creando opere che indagano il tema dell’amore, dell’identità e il ruolo del consumismo nella società moderna. All’interno delle sue opere le frasi che utilizza, brevi e coincise, possiedono un tipo di desiderio della società di oggi: consumato, veloce, che non lascia spazio all’attesa e al sentire, ma diventa accelerato, alienato, pieno di contraddizioni.
Il desiderio all’interno della nostra società contemporanea.
Oggi più che mai, la società in cui viviamo non ci mostra più un desiderio autentico e originale, ma consumato e ormai corroso dalle continue pressioni alle quali è sottoposto. I social media ci mostrano una realtà distorta, lontana, finta, che ci conduce sempre più verso l’apparenza. Viviamo costantemente sotto un’accelerazione di visibilità e di performance.
Spesso siamo costretti a definire e a definirci all’interno di ruoli e di oggetti che ci stanno stretti e che, come catene, ci rendono schiavi. Corriamo costantemente, ma non sappiamo nemmeno dove. “Qual è la nostra meta?”, ci chiediamo.
Stiamo vivendo all’interno di una nuova concezione dell’io, che in parte forse non ci appartiene. Sentiamo l’esigenza di tornare a una realtà autentica e reale, eppure ci allontaniamo sempre più, con maggiore insistenza.
Il desiderio naviga in questa tensione e, come tale, ci suggerisce la sua strada: quella che conosce maggiormente, ovvero l’imitazione. La nostra challenge più grande resta sicuramente l’idea che dobbiamo sostare e riflettere, restituendogli così uno spazio sicuro: quello della sospensione e della mancanza, al cui interno conserva dentro di sé una o più risposte plausibili.
La riflessione ultima relativa al desiderio è proprio questa, dalla quale possiamo trarre conclusioni o pensieri personali: “Come ti relazioni e che rapporto possiedi con il desiderio? Rappresenta per te una guida e un motore, oppure una catena dalla quale non riesci a scioglierti?”.
A partire da questa domanda, possiamo porci una serie di valutazioni in merito alla questione. Il desiderio è una forza che, se utilizzata a nostro favore, può generare ed essere abitata nel suo spazio più equo, rimanendo consapevoli, però, che conserva dentro di sé una serie di tensioni esterne alle quali è continuamente sottoposto.
Nel momento esatto in cui ci distacchiamo da una sua, e da una nostra, presunta identificazione, possiamo accogliere la sua mancanza e trasformarla in possibilità di crescita e consapevolezza. Ognuno conserva e custodisce, dentro e fuori di sé, il proprio legame, qualsiasi esso sia.
1. Lo stagno delle ninfee, Claude Monet, 1899 2. Impression, soleil levant, Claude Monet, 1872 3. Ninfee, Claude Monet, 1907 4. Take care of yourself, Sophie Calle, Paula Cooper Gallery, 2009 5. Take care of yourself, Sophie Calle, Paula Cooper Gallery, 2009 6. Le isole, Agnes Martin, Museum of American Art, 1961 7. (TRA)SH, Pietro Terzini, Kromya Art Gallery, 2024 8. Regarder les autres al Forte di Bard Martine, foto di Martine Franck, Clamart, France, 1965
Articolo a cura di @MartinaGiagnolini
